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LE SFIDE DEL MONDO CONTEMPORANEO SI INTRECCIANO CON LE VECCHIE E NUOVE MIGRAZIONI



Viviamo una stagione difficile: non vanno bene l'economia, la politica, la società nel suo insieme. Stanno venendo al pettine molti nodi: mancate modifiche strutturali al sistema produttivo, esigenza di nuove regole per lavoro e occupazione; sistemi bancari da rivedere, ristrutturare, accorpare; riforme istituzionali incompiute da diversi decenni; immigrazione da regolamentare, per una migliore accoglienza e integrazione. Il tutto nel bel mezzo di una crisi economica, contrassegnata da un forte debito pubblico che, come una zavorra, affonda ogni progetto di ripresa economica. Vicende condite da una crisi della istituzione nella quale avevamo riposto tante attese: l'Unione Europea. Per la sua affermazione abbiamo fatto tante rinunce, perfino di sovranità nazionale, ma in essa la cosiddetta eurocrazia la fa da padrona e la politica invece arranca.. Sgomberiamo ora il campo con una risposta al tema del momento: cosa fare al referendum? Una risposta che il mondo dell'emigrazione certamente è in grado di darsi da solo: chi vive all'estero sa bene come funzionano le democrazie dei Paesi dove vivono. Sono sicuramente meno farraginose delle nostra e consentono maggiore governabilità rispetto all'Italia. Fermo restando le garanzie fondamentali previste dalla Costituzione, l'ordinamento dello Stato può, anzi deve cambiare. Al di là del voto al SI o al NO ci sta una diversa concezione del nostro futuro: sarà fatto di conservazione o di innovazione? Sarà di libera iniziativa, sussidiarietà e competizione o sarà di statalismo, di accentramento e di asfissiante concertazione? Ecco perché ci atteniamo alle conclusioni del Consiglio Permanente della CEI, invitando quanti ci seguono a valutare in coscienza quale comportamento mantenere nella scheda elettorale del 4 dicembre prossimo. Ognuno secondo le proprie attese, senza dimenticare che non si vive di sola conservazione, soprattutto quando questa ci porta solo alla non governabilità. C'è poi il problema delle migrazioni, che costituisce la "cifra" di questo momento storico. Per quanto riguarda l'emigrazione siamo alle prese con almeno due ordini di problemi: da un lato la scomparsa di molti emigranti pionieri dell'associazionismo italiano nel mondo è dall'altro la nuova emigrazione, liquida e sfuggevole, difficile da intercettare e da mettere in rete. La prima in netto decremento, la seconda in notevole aumento, senza però incidere o rapportarsi nel nostro mondo associativo. Per noi che da molti anni ci occupiamo di questi problemi si tratta di una sfida che ci vede in notevole difficoltà, perché noi non riusciamo a far dialogare questi due mondi. Realtà diverse ma che fanno parte della stessa faccia della medaglia e che con la costituzione del Forum della Associazioni Italiane nel Mondo (FAIM) vorremmo in qualche modo mettere in collegamento e sinergia. Consapevoli, come siamo che, uniti si fa maggiore critica e che il minimo comune denominatore per rappresentare e rendersi utili alla vecchia emigrazione e a quella nuova è l'italianità, seppur articolata nelle diverse sigle regionali e settoriali, dotate di loro autonoma presenza. Su questo terreno c'è molto da lavorare, a partire dalla costituzione dei Forum Paese del FAIM medesimo, nelle varie latitudini dove c'è presenza di associazioni italiane. L'Italia deve poi affrontare, da parte sua, la pesante situazione dell'immigrazione verso il nostro Paese, fatta ora di profughi e richiedenti asilo politico. Un situazione alla quale non eravamo affatto preparati e che appena ora cerchiamo di metabolizzare, illudendoci forse che si tratti di un problema emergenziale e non invece di una condizione strutturale, che durerà per decenni. Qui sta il contributo di idee e l'apporto che il mondo dell'associazionismo degli italiani nel mondo può dare a quanti, cittadini o istituzioni privi di idee chiare su come affrontare un fenomeno, di portata veramente biblica ed epocale. Questioni legate, dunque, a doppio filo, che devono far parte dello stesso ragionamento, dentro il quale la nostra azione propositiva e di moderazione fra spinte opposte, deve continuare a farsi sentire, secondo il nostro motto "ero straniero...".

Luigi Papais










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