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all'Estero


Gli emigranti italiani danno impulso al bene comune e chiedono di superare le incertezze che attraversano il nostro Paese
dopo 150 anni di storia unitaria



Anche gli italiani che vivono all'estero e che in molti frequentano le Missioni Cattoliche Italiane (MCI) hanno manifestato particolare attenzione alla 46^ a Settimana sociale dei cattolici italiani di Reggio Calabria.

Le loro associazioni d'ispirazione cristiana, ma non solo, si sono recentemente soffermate su questo importante appuntamento ecclesiale e sociale, riflettendo su taluni contenuti del documento preparatorio.

Lo hanno fatto in Canada, in Argentina e in alcune parti d'Europa, interessati anche essi all'Agenda di speranza per l'Italia che uscirà dai lavori programmati dal 14 al 17 ottobre c.a.

Gli italiani nel mondo sono per buona parte battezzati in Italia o loro discendenti e frequentano le MCI dislocate all'estero, dove grazie all'impegno della Fondazione Migrantes continua ad essere svolta una pastorale collegata con la Chiesa Italiana e in piena comunione con le diocesi di arrivo.

Una realtà meno consistente di un tempo, a conseguenza dell'aumentata integrazione delle seconde e terze generazioni degli emigranti, ma tutt'altro che trascurabile, ben viva in tutti i luoghi ad alta presenza di italiani, con l'assistenza di sacerdoti impegnati ad annunciare il Vangelo mantenendo viva l'italianità, proiettandola però senz'altro nell'ottica dell'universalità.

Una ricchezza per la Chiesa italiana, ma anche per le Chiese straniere, che apprezzano la serietà di una presenza ben organizzata e di una particolare forma di testimonianza cristiana, certamente diverse dalle loro, ma che incide positivamente in ambedue le realtà.

Gli emigranti italiani, lavorano di sicuro per il bene comune globale, a partire da quello dei due Paesi che li riguardano da vicino, quello delle loro radici e quello in cui vivono, ma sono di pari passo attenti alle nostre questioni nazionali.

Essi sanno bene cosa è la globalizzazione, conoscono i suoi pregi e soprattutto i rischi che tale dinamica finisce per provocare, nel bene e nel male e vorrebbero contribuire a individuarne i rimedi, perché essa non annulli le peculiarità di ogni popolo, anche di quelli che sono minoritari, ma che rappresentano una risorsa da salvaguardare.

All'estero, prima che ciò avvenisse nelle terre da dove sono partiti due secoli fa, hanno realizzato in anticipo le premesse per l'Unità d'Italia e per questo motivo non comprendono le lacerazioni territoriali che noi stiamo vivendo da qualche decennio. Amano la Patria, amano il Tricolore.

Dello spirito unitario vogliono fare memoria e chiedono allo Stato italiano di favorire iniziative anche all'estero per ricordare il 150 anni di tale avvenimento storico.

Sanno che l'Italia nell'affrontare in ritardo e inadeguatamente le conseguenze della globalizzazione è in questo momento una "potenza declinante" , ma ritengono altresì che essa rivesta comunque un ruolo importante nello scenario internazionale e che si debba guardare avanti con coraggio per riconquistare le molte occasioni mancate.

Auspicano altresì che il divario tra Nord e Sud venga colmato, che la transizione istituzionale in atto da un ventennio a questa parte sia definitivamente superata, per dar luogo a un parlamento scelto dagli elettori e non preconfezionato a scatola chiusa dai partiti, con un esecutivo che governi effettivamente, con un giusto equilibrio tra i diversi poteri dello Stato.v Si rendono conto che le nostre bassissime dinamiche demografiche stanno invecchiando la nostra popolazione e riducendo numericamente la consistenza delle città e i paesi dai quali sono partiti, all'epoca ben più popolate, anche di giovani.

"Cose nuove" capitano quindi anche in Italia, dove al posto dell'emigrazione è sopraggiunta l'immigrazione, che genera pure dei seri problemi, ma che arricchisce il nostro Paese, nella stessa misura in cui gli emigranti italiani hanno arricchito i Paesi dove sono stati accolti.

Contribuiscono con le loro rimesse a stipendiare le badanti straniere che in Italia assistono i loro genitori, svolgendo un lavoro non dissimile da quello di molte donne italiane un tempo al servizio di famiglie agiate, vuoi nel nostro Paese, vuoi in Europa e altrove.

Immaginano per i figli degli stranieri nati in Italia gli stessi diritti che loro hanno reclamato all'estero e la possibilità di ricongiungimento familiare come loro stessi hanno a suo tempo ottenuto, seppure non senza difficoltà.

Da qui l'utilità di far conoscere le loro esperienze, per aiutare così le nostre genti a comprendere il complesso fenomeno dell'immigrazione, per affrontarlo nel migliore dei modi e per educare gli italiani all' accoglienza, per favorire l'integrazione, che nulla ha a che vedere però con l'assimilazione.

Sono curiosi di conoscere gli sviluppi del federalismo incipiente, che molti di loro sperimentano in forme variegate nei Paesi dove vivono, del quale però non capiscono quale svolgimento potrà avere in Italia e con quali costi, soprattutto per le regioni svantaggiate.

Immaginano sì un federalismo verticale che decentri le decisioni ai livelli più vicini alla gente, ma credono anche alla sussidiarietà orizzontale che valorizzi i corpi intermedi, tra i quali inseriscono le associazioni che si occupano di emigrazione, secondo l'ottica del pluralismo sociale.

Associazioni centrali che operano in Italia con funzioni di collegamento e di promozione sociale, ma anche sodalizi che lavorano all'estero a contatto con gli emigranti ai quali dovrebbero essere riservate le stesse condizioni contributive e fiscali di quelle che operano all'interno dei confini nazionali.

Viceversa, annullando o depotenziando le associazioni e gli organi di rappresentanza degli emigranti, che già di loro funzionano da qualche tempo con troppe incertezze e indecisioni, significa danneggiare il bene comune, indebolendo ovunque la già precaria coesione sociale.

Gli italiani all'estero sanno che la nostra crisi economica impone tagli di spesa, ma non riescono a concepire tagli orizzontali e generalizzate, provocando chiusure di sedi diplomatiche, interruzione di scuole e di corsi di lingua italiana, il ritardato e limitato funzionamento degli organi di rappresentanza degli emigranti e degli strumenti di comunicazione di settore (Comites, Cgie, stampa di emigrazione, agevolazioni postali, ecc.).

Infine, auspicano che il diritto di voto per gli italiani all'estero venga mantenuto, ancorché modificato per gli aspetti che non hanno funzionato in queste prime esperienze elettorali. Un diritto alla cittadinanza compiuto, quello del voto all'estero, lungamente reclamato, che non può essere soppresso per colpa di qualche scorrettezza.

Un invito pertanto ai parlamentari eletti all'estero, affinché sappiano lasciare da parte le differenziazioni politiche per lavorare in un intergruppo primariamente per gli interessi effettivi degli emigranti, che sono molti e riguardano soprattutto coloro che vivono in condizioni di indigenza nell' America Latina.

Per finire, la Chiesa italiana sappia che gli emigranti italiani si sentono partecipi e disponibili, nella stesura definitiva di quella che vuole essere l'agenda di speranza per il futuro del nostro Paese avviata nel cantiere di lavoro socio culturale di Reggio Calabria.

Pur vivendo all'estero, e forse per questo superiori a tante sterili contrapposizioni di casa nostra, credono di poter suggerire qualcosa di costruttivo, anche come emigranti italiani ma anche come cattolici, assieme a tante altre persone di buona volontà, per il futuro della loro Patria natia.

Luigi Papais
Vice presidente dell'Ucemi (Unione Cristiana Enti Migranti Italiani)
e Presidente della CNE (Consulta Nazionale dell'Emigrazione)



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